Verrà pubblicato a breve il primo Rapporto dedicato al Sistema di Accoglienza e Integrazione e Minori stranieri non accompagnati, curato da ANCI / Cittalia.
Teniamo in maniera particolare a questo Rapporto, che si pone in una certa discontinuità rispetto alle pubblicazioni curate in precedenza, integrando la “consueta” analisi dei dati di fenomeno – numeri e caratteristiche dei minori non accompagnati presenti in Italia – con un approfondimento specifico e storico sulle “politiche”, nazionali e territoriali, che si sono sviluppate negli anni e che hanno portato ad una crescente centralità del SAI – Sistema di Accoglienza e Integrazione, che il Rapporto racconta diffusamente.
Attraverso i numeri, la descrizione approfondita dei servizi, e la voce diretta di operatori ed ex beneficiari, il Rapporto prova a dare una lettura al contempo completa e di dettaglio di un lavoro tanto complesso quanto appassionante che il Sistema, attraverso Comuni ed enti gestori, prova a svolgere per rendere concreto quel principio di “pari opportunità” che, a maggior ragione quando si tratta di bambini e ragazzi, deve essere punto di partenza e l’obiettivo di ogni intervento.
Non è semplice dare concreta applicazione al principio di pari opportunità, in un Paese ancora fortemente frammentato e disuguale come il nostro, come ben raccontano anche i dati ottimamente sintetizzati nel Data Hub di Save the Children. Una disuguaglianza che, quando si tratta di minori, percepiamo come ancora più grave, andando ad incidere sulle radici dei percorsi esistenziali e quindi sulle possibilità di futuro.
Il SAI, attraverso Linee guida comuni, risorse equiparabili, formazione continua, accompagnamento e monitoraggio, prova ad accorciare questa distanza tra i diversi territori, costruendo passo dopo passo un presidio di welfare nazionale.
Il lavoro degli ultimi anni è stato intenso e costante, caratterizzato da un continuo cambiamento di interlocutori politici e, in certa misura, anche tecnici.
Ciò nonostante, il SAI ha continuato a crescere, passando dai poco più di 1000 minori accolti nel 2014 ai più di 8000 del 2021.
Oggi i posti a disposizione sono 6683, attivati da 239 progetti dislocati sull’intero territorio nazionale. Molti, ma non bastano. Perché per un Comune essere in SAI significa poter contare su risorse certe e su strumenti di accompagnamento e supporto che consentono di fare dei servizi per msna una concreta occasione di sviluppo dei sistemi di welfare locale a favore della comunità residente nella sua complessità.
Sono numerosi e pervasivi gli esempi concreti di questo positivo impatto, che ANCI sempre di più prova a misurare e raccontare.
Tra i tanti raccontati nel Rapporto in uscita, esprime particolare forza simbolica e narrativa il dato dei 117 affidi familiari realizzati in SAI, percorsi di accoglienza cioè che si sono sviluppati all’interno di famiglie affidatarie. Un risultato importante, se si pensa che solo due anni prima erano stati solo 29, frutto di un investimento politico e tecnico costante, che ha come valore aggiunto, ma tutt’altro che secondario, lo sviluppo di servizi e consapevolezza a livello comunale che potranno favorire la crescita dei percorsi di affido a favore di tutti i minori fuori famiglia, non solo stranieri.
Lo stesso ragionamento può farsi per i casi, ancora limitati ma in crescita, di ragazzi che grazie al supporto dei progetti SAI hanno potuto scontare misure alternative alla pena detentiva. Nella decisione del giudice ha inciso l’impianto dei servizi di accoglienza integrata del Sistema, nonché la presenza dei servizi socio-assistenziali dei Comuni, che negli affidamenti in prova svolgono nei confronti dei minori una attività di osservazione, sostegno e controllo.
Tutto questo, non va mai dimenticato, grazie a quelli che sono i principali costruttori di pari opportunità, ovvero gli operatori impegnati ogni giorno a fianco dei ragazzi come educatori, assistenti sociali, mediatori, operatori legali, psicologi. Una figura, quella degli operatori, su cui l’attenzione di ANCI è forte e determinata.
Meglio di chiunque, il ruolo degli operatori lo racconta Ibrahim, ex MSNA, nelle parole che il Rapporto puntualmente registra: “Perché io prima, quando ero appena arrivato, non mi fidavo di nessuno, ero troppo diffidente, non parlavo con nessuno, però qui ho iniziato ad aprirmi, ho iniziato a parlare con gli educatori, ho creato un rapporto, eravamo come una famiglia.” Ibrahim, ex-MSNA.