Leggere il nuovo rapporto “Piccoli schiavi invisibili” di Save the Children significa essere travolti dalle storie di vita di minori, bambini e bambine, obbligati a tradire la loro innocenza per un sistema, nazionale e internazionale, fondato sulla violenza, la tratta, la schiavitù e lo sfruttamento lavorativo. Un impatto che ci obbliga a non restare indifferenti e che genera, inevitabilmente, una profondissima indignazione. Eppure, indignarsi non basta. Non basta mai. È troppo poco. Bisogna leggere ogni riga di questo dossier per comprenderne il portato reale, avvertire l’urgenza di un cambiamento di rotta e infine organizzarsi per diventare quel cambiamento. Ne va della dignità del Paese e della vita di minori vittime di tratta e di un mercato del lavoro sempre più organizzato secondo l’ideologia del cinismo e la teoria del profitto a qualunque costo, compreso quello derivante da bambini e bambine trafficati a livello internazionale e da ragazzi di 13 anni impiegati 14 ore al giorno come braccianti nelle campagne italiane. Non si può però evitare di criticare un sistema politico che continua a mancare nel suo compito fondamentale, costituzionalmente previsto, che è quello di organizzarsi al meglio per accogliere e tutelare i minori, i più fragili per eccellenza, che rischiano di essere sommersi e schiavizzati per sempre. Servirebbe una classe dirigente determinata nell’affrontare e risolvere il problema della tratta e dello sfruttamento dei minori, evitando, per una volta almeno, di precipitare in quello che l’illustre sociologo Ferrarotti ha definito come “ottimismo normativo”, ossia nella convinzione per cui è sufficiente l’approvazione di una buona legge per risolvere, quasi d’incanto, un problema sociale complesso. Troppo facile, troppo semplice.
Save the Children ci ricorda che ancora oggi, anche in questa estate caldissima, a spezzarsi la schiena nelle campagne italiane nella raccolta di ortaggi e frutta, peraltro all’interno di distretti particolarmente organizzati sotto il profilo industriale, commerciale e distributivo, ci sono anche ragazzi di 13 anni. Li troviamo sotto le serre di Vittoria e dell’Agro Pontino, e probabilmente in molte altre aree e in diversi settori lavorativi, a raccogliere, come braccianti adulti, la frutta e la verdura che ogni giorno acquistiamo nei supermercati e consumiamo nelle nostre abitazioni. Un fenomeno criminale che concorre a determinare un business miliardario. Sono infatti 24,5 i miliardi che le agromafie, secondo l’Eurispes, fatturano ogni anno.
Quelli raccontati da Save the Children sono ragazzi e ragazze ridotti in schiavitù, vittime di tratta, venduti e comprati come abiti usati, mortificati dai comandi, spesso razzisti, del padrone italiano o del trafficante immigrato, a volte addirittura dopati, come accade nell’Agro Pontino, per reggere le fatiche psico-fisiche derivanti da 8, 10 o anche 12 ore di lavoro consecutive. Qualcuno, stando alle testimonianze raccolte, è anche svenuto per la fatica e la disidratazione. Altri si sono infortunati alla schiena, alle braccia o alle ginocchia. Sono gli ultimi tra gli ultimi. I sommersi e i silenziati di questo Paese. I figli a volte di quelli che abbiamo reso clandestini e obbligato a vivere ai margini della società ma al centro del sistema economico e sociale di sfruttamento. Coloro che non vogliamo vedere o ascoltare, per ipocrisia e complicità. Anche il dossier Ecomafia 2023 di Legambiente introduce questo tema denunciandone l’impatto sociale e la sua coniugazione con il sistema ecomafioso nazionale e internazionale. Unire le vertenze, gli approcci, gli impegni, come quello ecologista e di chi si impegna a tutela dei minori e contro ogni forma di sfruttamento, razzismo e violenza, è forse la matrice indispensabile per un rinnovamento sociale fondato finalmente sul riconoscimento completo e definitivo dei diritti umani e non più sulla sopraffazione e accettazione di un ordine sociale considerato naturale che ogni giorno mortifica la vita di lavoratori, lavoratrici, donne, uomini, minori, dell’ambiente e della democrazia.
Sono storie di vita che non possono essere considerate un’eccezione derivante dal comportamento criminale di qualche imprenditore che sbaglia. Lo sfruttamento, come molte indagini delle forze dell’ordine e di varie Procure stanno mettendo in luce, è drammaticamente sistemico, ampio, rodato e trasversale a tutti i settori produttivi. E quello dei minori ne è l’ennesima drammatica declinazione.
L’auspicio è che questo dossier contribuisca a coscientizzare il Paese, a generare un moto d’orgoglio e un ragionamento politico finalmente avanzato da cui fare derivare politiche innovative, applicare in modo conforme le norme vigenti dando loro effettività sociale e prospettiva, abrogare definitivamente quelle leggi che, come la 189/2002 (legge Bossi-Fini), invece contribuiscono a rendere migliaia di persone immigrate vulnerabili e ricattabili, per sconfiggere quanto prima tratta e sfruttamento e restituire libertà, giustizia e dignità a tutti gli uomini, donne e bambini senza eccezione alcuna. Tutto questo se vogliamo continuare a dirci civili e democratici.