Ma voi costruireste mai una scala iniziando dal sesto gradino? Certamente no, perché non potrebbe stare in piedi.
Ebbene gli interventi per l’infanzia che iniziano dal sesto anno di vita, che sono i più numerosi, rischiano di fare la stessa fine di quella scala. Non reggeranno, funzioneranno poco. Non cambieranno la storia di vita di quei bambini.
Del resto, è già stato dimostrato da molti studi che l’intervento precoce, nei primi mille giorni di vita, è certamente più utile, probabilmente decisivo per lo sviluppo e la crescita dei bambini.
Ormai ci sono evidenze scientifiche consolidate che gli interventi a sostegno delle nuove famiglie sono quelli sicuramente più utili anche dal punto di vista economico.
Save the Children quest’anno mette a fuoco con il suo Atlante la situazione dei bambini di questa fascia di età, con la speranza che rappresenti un campanello d’allarme per la politica e una guida per gli amministratori.
Dare a ogni bambina e a ogni bambino la migliore partenza nella vita e le stesse opportunità alla nascita, a prescindere dal luogo e dalla famiglia in cui vive, infatti, è la strada prioritaria per farli crescere in modo adeguato e per ridurre ogni disuguaglianza lungo tutto il corso della vita.
C’è un dato che allarma in modo particolare ed è la mortalità nel primo anno di vita, che al Sud è di 3.06/ 1000 nati vivi, in Campania 3.11, mentre la media italiana è di 2,57 con il Nord Ovest a 2.27, il Nord Est 2.22 e il Centro 2.09.
Il Prof Gary King, dell'Università di Harvard, che studia molti settori delle scienze sociali, ha dimostrato che la mortalità infantile è l’indicatore più preciso per prevedere lo stato di salute di una nazione; più è alta la mortalità infantile e più è elevato il rischio che in quella nazione crescano mafie, terrorismo, epidemie.
È davvero sbalorditivo vedere come la politica non riesca a” vedere” questo fenomeno e come l’infanzia sia tanto lontana dal radar dei politici, di tutti i politici.
Nel recente decreto Caivano, per esempio, che ha messo in campo interventi utili per l'infanzia, manca quello certamente più efficace, un posto al nido per 1.039 bambini 0-2 anni che vivono a Caivano. Soltanto il 9%, infatti, potrà frequentare un asilo nido pubblico e di qualità con i fondi stanziati dal PNRR e dal governo.
E anche il bonus asilo nido presente nella finanziaria in discussione in questi giorni in Parlamento suona come una beffa per tutte quelle famiglie del Sud del Paese che non possono usufruire di un servizio utile e necessario ai bambini e alle mamme.
Bisogna ribadire ancora una volta che lo svantaggio sociale comincia prima della nascita, con effetti che rischiano di cumularsi per tutta la vita.
La povertà economica, sociale ed educativa crea disuguaglianza e produce ingiustizie. Chi nasce in condizioni di disagio e povertà parte in una condizione svantaggiata che rischia di compromettere le traiettorie di sviluppo cognitivo ed incidere sulla salute, sul rendimento scolastico e sulla vita da adulto.
Sostenere tutti i genitori, a partire dalla relazione madre-bambino, è un intervento politico ormai improrogabile che contribuisce a promuovere il benessere delle nuove generazioni e, quindi, a costruire una società migliore, partendo dal momento in cui si generano le più intollerabili disuguaglianze.
L’assegno unico per i figli che inizia ad essere erogato già nel terzo trimestre di gravidanza è stata una prima risposta messa in campo dalla politica nella scorsa legislatura, i 4 miliardi e 600 milioni del PNRR per gli asili nido e il finanziamento per la gestione inserito nella finanziaria del 2022 destinato ai comuni con una soglia inferiore del 33% sono le prime risposte a una necessità ormai improrogabile. Ma non basta, servono servizi di qualità per tutte le bambine e i bambini che nascono in qualsiasi parte del nostro Paese, a Bolzano che garantisce un posto al nido al 48% dei bambini come a Capaci che non supera il 2% o ad Aversa con un misero 1,1%.
Serve una politica che metta in campo le migliori strategie per attuare tutti i sistemi di tutela che siano in grado di intercettare tempestivamente difficoltà, disagi e storie di marginalità e di deprivazioni che meritano di essere sostenute con attenzione e cura.
Servirebbe un “Facilitatore”, che può essere identificato nella figura dell’assistente sanitario, che esiste in molti Paesi nord europei, che dovrebbe sostenere la salute e lo sviluppo di neonati e bambini almeno fino a 6 anni, che sia in grado di coordinare il lavoro degli operatori di comunità, ostetrica, assistente sociale, pedagogista, pediatra di famiglia, insegnanti, terzo settore, sostenere i genitori nell'educazione dei figli piccoli, identificare precocemente i segnali di disagio e fornire informazioni sui servizi locali socio sanitari.
I bisogni di molti ragazzi vengono riconosciuti dai servizi sociali soltanto dopo i 14 anni, a seguito di un evento-reato di cui si sono resi protagonisti e in un momento della vita in cui, di fatto, hanno già accumulato importanti criticità, quali marginalità sociale ed economica, carenze genitoriali e povertà affettiva, abbandono scolastico, deprivazione educativa e insufficiente accesso ai servizi per la salute, e un significativo gap rispetto ai coetanei provenienti da famiglie ed ambienti diversi.
Lo studio ACE (Adverse Childhood Experiences) ha dimostrato che le esperienze avverse nell'infanzia sono molto più comuni di quanto non sia riconosciuto e che hanno una forte relazione con la salute degli adulti a distanza di mezzo secolo.
Una politica che guarda al futuro dovrebbe programmare gli interventi più efficaci iniziando già durante la gravidanza, sostenendo le neomamme e accompagnandole durante i primi anni di vita dei figli in maniera più o meno intensiva a seconda delle necessità.
Una politica che guarda al futuro dovrebbe iniziare a preoccuparsi di offrire soprattutto ai bambini del Sud del Paese quei servizi per la prima infanzia che sono decisivi per la crescita sana di una popolazione; e non è necessario fare ulteriori analisi, bisogna solo conoscere il problema e decidere di agire, naturalmente servono risorse economiche.
L’Atlante di Save the Children rappresenta uno strumento di enorme utilità, purché qualcuno lo legga con attenzione e poi intervenga.